CELEBRARE la solennità della Trinità significa confessare la fede in un Dio che non è solitario, ma comunione di persone. Un Dio in relazione, un Dio amore. IL nostro Credo domenicale ha una storia che risale agli inizi del IV secolo. Ario, prete di Alessandria, sosteneva che il Figlio, seconda persona della Trinità, era un Dio inferiore al Padre, perché da questi generato. La Chiesa ha reagito contro questa dottrina contraria alla rivelazione; e lo dimostrano le voci dei grandi Padri di quel secolo. Atanasio di Alessandria, ha sofferto molti anni di esilio, a causa di imperatori di fede ariana. Lo stesso accadde ad Eusebio di Vercelli, Ilario di Poitiers. I celebri Padri della Cappadocia, Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa, si sono impegnati con coraggio nella lotta contro gli eretici e le autorità che li sostenevano; e alla fine sono stati determinanti nel far trionfare la fede cattolica. La prima reazione ufficiale della Chiesa è stato il concilio di Nicea (325), essendo papa Silvestro I e imperatore Costantino. Il concilio ha emanato una dichiarazione di fede che insegna come il Figlio, in quanto generato dal Padre, è Dio come il Padre, ed eterna è la sua generazione. Infatti è nell'ordine delle cose che colui che è generato abbia la stessa natura di chi lo genera. Lo sottolinea San Basilio polemizzando con gli ariani: "Ho detto: "Fu generato", non per affermare che l'Unigenito fu generato nel tempo. La tua mente non cammini nel vuoto, pensando all'esistenza di secoli anteriori al Figlio". Nel 381, il I° concilio di Costantinopoli, ha redatto quella formula che recitiamo noi, detta "Credo Niceno-Costantinopolitano". In esso professiamo anche la divinità dello Spirito Santo il quale, dichiara Gregorio Nazianzeno, "in quanto procede dal Padre, non è una creatura; in quanto non è generato, non è il Figlio; in quanto intermediario tra l'ingenerato e il generato, è Dio". Questa è la fede trasmessaci dai Padri.